La razza marchigiana
La storia della razza marchigiana inizia nella seconda metà dell’Ottocento quando, da un incrocio tra vacche podaliche e tori di razza chianina, si ottiene un bovino ideale per pascoli montani, con maggiore sviluppo muscolare e carni di grande qualità. Ai primi del Novecento un ulteriore incrocio con la razza romagnola ridusse la statura dei bovini e consente di ottenere una carne rosata e a grana fine. Dal 1932 ogni forma di incrocio è stata interrotta ed è stato istituito un albero genealogico che garantisce la selezione dei bovini e l’appartenenza a questa pregiata razza.
Pecora Sopravvissana
Era la razza tipica dello Stato Pontificio. Un incrocio tra le femmine autoctone vissane e i maschi spagnoli merinos, i francesi ramboiullet e anche gli arieti di Gentile di Puglia. Se il termine ‘vissana’, che significa ‘fissa’, si riferisce alle bestie allevate dai pastori stanziali, la definizione di ‘sopravvissana’ definiva quelle destinate alla transumanza, perché la scarsa fertilità ne facilitava gli spostamenti. Ha rischiato l’estinzione, ma oggi due aziende, nel territorio della Comunità Montana, hanno deciso di dedicarsi alla tutela della razza sopravvissana. Vendono il latte, ma, a Pasqua e a novembre, anche gli agnelli.
Pecorino
Queste sono terre di greggi e pastori: un tempo la caseificazione era faccenda da uomini, ma l’approntamento del caglio era affidato alle mani sapienti delle donne di casa, che lo ricavavano da particolari miscugli di erbe aromatiche; un piccolo rito che si eseguiva in fase di luna calante, in un giorno di cielo sereno e senza vento. Tutto questo oggi non esiste più, però le caratteristiche inimitabili del pecorino di queste valli sono tuttora assicurate dalla qualità del pascolo, dal latte che viene lavorato a crudo e di queste erbe conserva i sentori, dal caglio, e infine dalla maestria del pastore casaro che segue con dedizione la stagionatura che si protrae da un minimo di due mesi a due anni.