STATO DI CONSERVAZIONE Il monumento è stato sottosposto ad un delicato intervento di pulitura della parte architettonica nel maggio 1992. Promotore dell’iniziativa è stato un comitato di cittadini costituitosi presso la chiesa della Madonna delle Grazie. Il progetto di restauro è stato redatto dall’ingegnere S. Di Bartolomeo ed i lavori sono stati eseguiti dalla impresa artigiana Edilcenter di V. Apruzzi, tra il marzo e il maggio dell’anno indicato.
DESCRIZIONE L’esedra ettagonale che compone il monumento è chiusa sulla fronte da quattro pilastri, decorati da coppie di mezze colonne corinzie su alti plinti, terminanti con una robusta trabeazione, sormontata, in origine, da quattro vasi a forma di crateri. I pilastri angolari, addossati all’ esedra, si affiancano ad una lesena rifinita da una cornice che corre tutt’intorno alla struttura. Ben visibile risulta il banco calcareo sul quale si erge il monumento, ritagliato in una gradinata di accesso. La parete interna è scandita in sette grandi riquadri da doppie colonne in stile corinzio, poste a sostegno di una trabeazione che cinge la parte alta della parete. In corrispondenza dei riquadri centrali si ergono, al di sopra della trabeazione, due plastici vasi interamente decorati da motivi floreali, ispirati al gusto ridondante e lussureggiante del barocco leccese. Lo spazio interno è circondato da una grande aiuola interrotta, nella parte centrale, da un corridoio terminante in un’area circolare, occupata da un altare posto a custodia del sepolcro di Cristo.
ISCRIZIONI RIEDIFICATO A MIGLIOR FORMA A DIVOZ. DA CONIUGI DONATO POMES E LUCIA MANELLI/E COADIUVATI DA VITANTONIO COLUCCI E DALLA PIETA’ DI ALTRI FEDELI A.D. 1891 (sull’architrave del riquadro centrale) A.D. FAMIGLIA 1928/GIUSEPPE NARRACCI AN. VI. (sul plinto della croce)
NOTE Nel Settecento gli ostunesi avevano elevato un Calvario a ricordo della Crocifissione di Cristo nella zona attualmente occupata da piazza Matteotti e dal Monumento ai Caduti. Si trattava di un monticello sul quale era issata una croce di legno, distante dalla antica chiesa dei santi Fabiano e Sebastiano quaranta passi circa. Quando questa area ricevette una nuova definizione urbanistica, il pio luogo fu riedificato, nel 1830, con fondi raccolti da devoti in un’altra parte della città, contrassegnata soltanto dalla chiesa della Madonna delle Grazie e dalla più distante chiesa di Santa Maria degli Angeli. Designato come toponimo di un’area che cominciava a conoscere in quegli anni un graduale incremento demografico, lu Calvarije è stato sempre oggetto di grande devozione e di profonda venerazione da parte della popolazione ostunese. Numerosi sono i riferimenti a questo monumentale sacrario della pietà popolare, ricorrenti nella nostra produzione vernacolare: nelle poesie di don Arcangelo Lotesoriere Lu Terramote E zia Peppa a Criste, nel canto XVI de Lu suenne de lu Barcarulu di don Pietro Pignatelli, nelle commedie di Domenico Colucci Lu jattudde de li biatièllu nella Ilo scena e nella Mascìa nella quarta scena del secondo atto. Don Francesco Sozzi ha dedicato alI’opera una poesia, Lu Calvarije, pubblicata sullo Scudo nell’ aprile del 1981. Questa struttura primitiva doveva essere sicuramente diversa da quella attuale, realizzata nel 1891, così come recita la lapide dedicatoria, dai benemeriti Donato Pomes e sua moglie Lucia Manelli, da Vitantonio Colucci e altri fedeli. Un altro benefattore fu Giuseppe Narracci, il cui nome appare inciso sul basamento della croce. Agli inizi del 1900 la struttura era coperta da vetrate frantumatesi successivamente e poi eliminate. La sacralità del luogo fu minacciata nel 1921 dalla costruzione di alcuni immobili addossati alle sue mura. Un comitato di cittadini, capeggiato dal professore Antonio Calamo, raccolse i fondi necessari per abbattere le nuove strutture, risarcendo del danno quei proprietari. Nel 1983 si formò una commissione presieduta dal dottore Francesco Greco per porre rimedio al grave stato di degrado architettonico e pittorico. Tante buone intenzioni non giunsero a buon frutto al punto che, nel 1986, le pagine dello Scudo riferiscono di atti vandalici inferti al Calvario. Un nuovo comitato, costituitosi nel 1992, riuscì finalmente a raccogliere i fondi necessari per procedere al restauro, esclusivamente architettonico, dell’edicola. Gli affreschi realizzati da Luigi Pappadà nel 1910 erano ormai irrimediabilmente perduti ed un saggio di restauro compiuto convinse degli scarsi risultati a cui avrebbe portato l’intervento, a causa dello sfarinamento della pellicola pittorica sulla quale si agiva. Nel 2002 si è ricominciato a parlare di una protezione per gli affreschi, ormai illeggibili. L’importanza del monumento, nel più vasto ambito della vita cittadina, è testimoniato dalla sosta obbligata che tutte le processioni effettuano davanti ad esso.
Immagine votiva di Scene della Passione (ciclo di 7 episodi)
OGGETTO dipinti
SOGGETTO Scene della Passione (ciclo di 7 episodi)
DATAZIONE 1910
MATERIA tempera su intonaco
MISURE 360 x 360 (I e VII); 360 x 334 (II e VI); 360 x 340 (III e V); 360×285 (IV).
AUTORE Luigi Pappadà (1849-1949)
STATO DI CONSERVAZIONE cattivo
DESCRIZIONE Nel primo pannello risulta visibile una colonna e sulla sinistra una struttura architettonica che dovrebbe rappresentare il palazzo di Pilato. La percezione del secondo e del settimo pannello è limitata solo alla colorazione azzurra del cielo e aranciata della parte sottostante. Nel terzo pannello non è possibile riconoscere alcuna figurazione. Nel riquadro centrale, quello maggiormente leggibile, risultano chiaramente distinte le tre croci sul Calvario: quelle laterali leggermente più basse e quella di Gesù più rialzata. Il Crocifisso rivolto verso sinistra mostra il corpo ripiegato sulle ginocchia. Sulla croce, oltre al cartello terminale, si scorge un drappo avvolto intorno ad essa. Nel quinto riquadro si distingue il cielo azzurro ed una figura con la testa avvolta in un mantello che ricade sul corpo, con veste rossa e con le braccia aperte verso il basso. Il sesto riquadro mostra un cielo azzurro, due figure a sinistra e una croce inclinata verso il lato sinistro. La sagoma di una terza figura si riconosce sulla destra.
NOTE L’unico studioso che abbia riportato i titoli dei soggetti raffigurati nei sette pannelli è stato il professore Antonio Sozzi che così li descrive, cominciando da sinistra: Gesù condannato a morte; Gesù coronato di spine; Gesù alla colonna; Maria Addolorata; Crocifissione; Deposizione dalla Croce; Gesù morto. Da tale descrizione si evince che alla Crocifissione vera e propria fossero, in realtà, riservati due pannelli, dal momento che l’unica scena chiaramente percettibile, la quarta, è quella che Sozzi indica con il titolo dell’Addolorata. Poche le notizie che siamo riusciti a raccogliere sui dipinti. E’ certo che Luigi Pappadà incontrò inizialmente difficoltà riguardo ai soggetti da raffigurare. In un verbale del 3 ottobre del 1909 della Commissione diocesana permanente per la conservazione dei monumenti e documenti leggiamo che viene richiesto al parroco della chiesa della Madonna delle Grazie il progetto del ciclo degli affreschi del Calvario affinché le pitture già cominciate non vengano proseguite senza il consenso del Commissariato. Ancora dall’adunanza del 13 ottobre si apprende che nel recinto del Calvario di Ostuni si stanno eseguendo alcune pitture per le quali non è stata ottenuta né chiesta alcuna autorizzazione e siccome il Calvario è costruito nell’ ambito della parrocchia affidata alla cura della S. V. la invita a far sapere achi di ragione che chiunque vuole eseguire un lavoro in un edificio sacro, deve prima esibire il progetto al Commissariato, e perciò non possono essere proseguite le pitture su accennate senza avere ottenuto l’analogo permesso. Purtroppo le comunicazioni si interrompono e non è stata trovata la documentazione richiesta dalla Commissione. E’ lecito supporre che la questione sia stata risolta velocemente, perché dal 1914 Luigi Pappadà viene chiamato a far parte della commissione.
BIBLIOGRAFIA
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